Pane e...dati di mercato: il rapporto Export 2018
Dal rapporto Export 2018 edito da Sace, "Keep calm & Made in Italy", emerge come ci siano molte opportunità per l'export italiano nei prossimi anni, nonostante le incertezze più o meno note a chi opera nel settore.
Secondo il rapporto, dopo una performance brillante nel 2017 con una crescita di 31 miliardi di euro nell’export di beni, pari al 7,4% rispetto all’anno precedente, le esportazioni italiane continueranno ad avanzare quest’anno del 5,8% e del 4,5% medio nel triennio 2019-2021.
Gli investimenti sono ripartiti, accompagnati dal recupero del prezzo di diverse materie prime, e gli accordi commerciali dell’Unione Europea aiuteranno a mantenere lo sguardo aperto sia a ovest (Canada, Messico, Mercosur) che a est (Giappone, India, Asean). Inoltre, il Made in Italy ha continuato a orientarsi verso comparti a più alto valore aggiunto e meno soggetti alla concorrenza di prezzo. La proiezione internazionale delle imprese italiane rappresenta più che mai un patrimonio nazionale; negli ultimi sette anni, infatti, l’export ha fornito l’unico apporto positivo alla crescita economica del Paese: senza il contributo dell’export, il Pil italiano sarebbe inferiore di oltre sei punti percentuali.
Ciò che rappresenta ancora un punto di domanda e che rappresenta una fonte d'incertezza riguarda gli effetti del protezionismo, il cambio euro/dollaro e l’evoluzione delle catene globali del valore. L’introduzione di nuovi dazi e sanzioni e le sue conseguenze potrebbero pesare sulle performance future dell’export italiano verso il resto del mondo, con un deterioramento della fiducia tra gli operatori che provocherebbe un calo nella crescita prevista per i prossimi anni.
L’andamento del cambio euro/dollaro rappresenta un’incognita, seppur al momento non preoccupante, almeno fino alla “soglia del dolore” di 1,30, sopra la quale la competitività di prezzo peserebbe sui nostri beni. Inoltre, l’evoluzione delle catene globali del valore appare incerta per il ritorno alla ribalta delle politiche di import substitution attraverso i programmi “Make-in” adottati in Cina, India, ma anche negli Stati Uniti: questi mercati domanderanno più macchinari e si confermano quindi come prioritari per l’export, ma gli stessi produttori di meccanica strumentale dovranno confrontarsi con standard e interlocutori diversi rispetto a prima.
Le geografie trainanti per l'export italiano nel 2017 sono state l’Asia, l’Europa emergente e le Americhe, che continueranno a correre più velocemente delle altre anche nel 2018, con tassi medi tra il 7 e l’8%. Si attende un recupero da Brasile (+7,3%) e Russia (+5,7% dopo il +19,3% del 2017), pur con tutte le cautele legate a Mosca per il tema delle sanzioni. Oltre a Cina e India, i mercati Asean continuano ad avanzare a ritmi significativi, mentre in Medio Oriente e Nord Africa l’export crescerà più che nel 2017 (+4,7% vs +1,2% dell’anno scorso).
L'opportunità di crescita proveniente da questi Paesi rimane confermata anche per il 2018, a cui si aggiungono altri Paesi ad alto potenziale come Colombia, Filippine, Marocco, Senegal e Turchia.
Per raggiungere tali mercati e diversificare i rischi e necessario che le dotazioni infrastrutturali riguardanti sia le reti fisiche che quelle digitali siano adeguate; l'Italia sembra ancora in ritardo rispetto ai principali concorrenti nei sistemi di trasporto delle merci ed è previsto che gli investimenti infrastrutturali italiani cresceranno ancora in futuro ma meno della media dei Paesi avanzati.
Fonte: Sace
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